Dopo The Great Wall la nuova star del cinema cinese, Zheng Kai in patria, è pronta a sorprendere Europa e America con Shadow, il prossimo film di Zhang Yimou in cui interpreta un cattivo shakespeariano pieno di ombre. L’abbiamo incontrato al Festival di Toronto per farcelo raccontare, ma anche per parlare del suo amore per l’Europa e l’America e del peso della fama. Perché a volte, a Shanghai, non può uscire di casa senza bloccare il traffico…

 

Sto lasciando il TIFF Bell Lightbox, cuore pulsante del Toronto International Film Festival, quando ricevo un messaggio dalla publicist di Ryan Zheng. Ryan è in anticipo, mi chiedono di incontrarlo venti minuti prima. Meglio: non dovrò correre poi per una proiezione delle cinque del pomeriggio.

Tagliando in John Street raggiungo l’Intercontinental Hotel prima del previsto. L’appuntamento è in una stanza della lower lobby.

Ryan Zheng, o Zheng Kai in Oriente, è la nuova bomba del box-office per il cinema cinese, pronto a trasformarsi in attore icona di Zhang Yimou che, dopo le fatiche hollywoodiane di The Great Wall con Matt Damon, l’ha richiamato per Shadow. E dato che Yimou è un regista con un illustre background nel lanciare nuovi talenti (l’ha fatto per star come Gong Li e Zhang Ziyi) l’ascesa di Zheng è una di quelle da tenere d’occhio.

È al Festival di Toronto proprio per Shadow e, come suggerisce il titolo, nel film interpreta un personaggio pieno di ombre.

Dopo un welcome a base di frutta e Coca cola, e le presentazioni di rito, sprofondiamo nelle basse poltrone nere dell’Intercontinental.

 

Prima di arrivare a Toronto sei stato alla prima del film a Venezia, vero? Com’è andata?

È stata la prima volta che prendevo parte alla prima mondiale di un mio film a un Festival del genere. Il red carpet è fantastico e i fotografi con i loro flash ti accecano! Al termine del film la standing ovation del pubblico è stata emozionante. I ristoranti del Lido, poi, sono stati una sorpresa: il pesce era buonissimo!

Cosa può aspettarsi il pubblico  dal tuo ruolo in Shadow? È un vero villain…

Shadow è un film che vuole parlare agli europei della cultura cinese, delle nostre usanze… Il mio personaggio è piuttosto complesso: è un cattivo shakespeariano, che riflette un certo modo di pensare del mio paese. Ognuno indossa una maschera nel film, ognuno ha una zona d’ombra. All’inizio cerco di essere un re indulgente, o fingo di esserlo… ma man mano che il film va avanti il pubblico si renderà conto di quanto quel re sia ambizioso e di quale sia il suo vero volto.

È stato divertente interpretarlo?

Parecchio. All’inizio è una figura seria, di una regalità quasi noiosa… ma cambia presto. Durante le riprese la sensazione di libertà è stata straordinaria.

Shadow è il tuo secondo film con Zhang Yimou dopo The Great Wall. Una lavorazione diversa?

The Great Wall è un film più hollywoodiano. La produzione era hollywoodiana, il calendario delle riprese era impostato in modo hollywoodiano… Shadow è più cinese, in qualche modo. La lavorazione è stata molto simile a quella di molti film cinesi, anche se Zhang Yimou è ormai un regista di fama internazionale. È un uomo di potere, dopotutto: sul set è il numero uno, gode di grandissimo rispetto. È fantastico, perché da lui ti senti guidato, sai che ha totale controllo su tutti gli aspetti del film.

In Cina sei una superstar. Come ti trovi quando lavori in Europa o in America?

Posso definirmi letteralmente affamato di esperienze sia in Europa sia in America… adoro tanto la tradizione cinematografica di voi europei quanto quella Americana. Non rifiuterei mai né un ruolo in una produzione Disney o Marvel né un’offerta per un film di un grande regista europeo. Recentemente ho adorato Manchester by the Sea ad esempio! Spero di trovare più ruoli in produzioni occidentali, ma anche di portare la cultura del mio paese in Occidente. Noi attori siamo pieni di maschere, dopotutto! Shadow, del resto, parla anche delle maschere che tutti portiamo ogni giorno…

Noi Europei conosciamo solo una parte del cinema e della cultura cinesi. Anche se sembra una domanda retorica, c’è stato qualche attore del passato che per te ha rappresentato un modello?

Jackie Chan e Bruce Lee! Grazie a loro abbiamo potuto mostrare al pubblico come lavoriamo, che tipo di film sappiamo produrre. La cinematografia cinese attraversa un momento felice… film come Shadow ne sono la prova. Molti artisti del mio paese tentano la strada di Hollywood, cercano ruoli in produzioni americane.

Siete oggetto del gossip in Cina? Anche tu hai i paparazzi sotto casa?

A volte. Sento l’affetto del pubblico, ma capita che sia… semplicemente troppo. Le città cinesi sono popolosissime, a Shanghai capita che non possa uscire di casa da solo. Succede anche ad altri miei colleghi: non riusciamo a fare un isolato, le strade si bloccano. Ma le cose stanno migliorando: c’è più rispetto oggi rispetto a dieci o vent’anni fa. Dobbiamo difendere la nostra privacy, ma nessuno fa a pugni per una nostra foto.

Ti fermi a firmare autografi?

Certo.

Anche qui a Toronto?

Soprattutto per i fan occidentali. Mi fa sempre piacere quando qualcuno qui mi chiede una foto o un autografo.

Hai qualche nuovo progetto per la prossima stagione?

Debutterò come produttore. Ed è decisamente più impegnativo: hai molte più cose da tenere sotto controllo quando produci rispetto a quando ti limiti a recitare. Ma ne sono entusiasta, sono una persona cui piace avere tutto sotto controllo! Spero di continuare a produrre, e di poter mettere in cantiere nuovi film non solo per il mercato cinese. Vorrei collaborare con dei crew occidentali… il sogno è girare qualcosa di mio in Europa, in Canada o negli Stati Uniti. Magari in Italia…

Facci sapere allora.

Certo. Sono stato spesso a Milano, ad esempio, e mi farebbe piacere tornarci. Non in agosto però: ho scoperto che voi italiani siete in vacanza per tutto il mese! Avevo ordinato un sacco di cose dall’Italia a fine luglio e ci hanno messo parecchio ad arrivare a Shanghai!

 



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